Parco Faunistico Spormaggiore

Il Gatto Selvatico

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Gatto Selvtico Parco Faunistico Spormaggiore Belpark
Nome SCIENTIFICO
Felis silvestris
Longevità
2 – 5 anni
Dimensioni
50-80 cm,
3-6 kg
habitat
Boschi di latifoglie e misti, vasti e chiusi
DietA
Piccoli mammiferi fino alle dimensioni di un coniglio, soprattutto topi e uccelli
Aspetto
Simile a un grosso gatto domestico, ma di dimensioni corporee leggermente maggiori, il gatto selvatico presenta un manto dalla colorazione variabile da bruno-grigio a bruno-giallastro, tigrato di scuro, mentre la parte inferiore del corpo è spesso bianca. Gli occhi verdi/gialli hanno pupille verticali a fessura e il rinario (il muso) è color carne. Le bande bruno-nerastre sono molto caratteristiche e spesso utilizzate per distinguerlo dal cugino domestico: tre, a volte quattro, di queste, due laterali più corte e una centrale più lunga, si dipartono dalla nuca e interessano il dorso. Sulla coda è situata un’altra serie di bande orizzontali, mediamente tre, di cui l’ultima è più estesa. La parte terminale della coda, con la banda nera, è inoltre tronca e non a punta come quella del gatto domestico. Le bande scure costituiscono il “disegno apparente”, mentre altre striature, meno visibili, costituiscono il “disegno evanescente”. Nel complesso, comunque, la tigratura è molto meno evidente che nel gatto soriano domestico.
Distinguere il gatto domestico da quello selvatico rimane molto complicato anche perché molti gatti inselvatichiti divenuti ferali presentano un disegno delle macchie che a un occhio inesperto può sembrare ingannevole. Stabilire con esattezza se ci si trova dinanzi a un selvatico o a un domestico rinselvatichito è però molto importante per proteggere l’identità genetica della specie selvatica.
Biologia
Il gatto selvatico è una specie forestale, strettamente legata al bosco perché vi trova cibo e rifugio, e abbisogna di superfici boscose estese. L’ambiente ideale è rappresentato dai boschi di latifoglie, faggio e castagno, dove gli alberi maturi sono ricchi di cavità che possono offrire riparo e ospitano le tane dei micromammiferi che sono il suo cibo preferito. L’habitat idoneo è rappresentato anche dai boschi di piante termofile – più tipiche degli ambienti caldi o meglio esposti – come il leccio e la roverella e dalla macchia mediterranea fitta. Una particolare preferenza si manifesta anche per le zone dove sono presenti cavità rocciose che possano servire da tana. Una superficie boscata estesa ha il ruolo di favorire la dispersione dell’animale e la colonizzazione di nuovi territori e permettere l’attività di ricerca di cibo in condizioni di tranquillità. Per poter mantenere ecologicamente la specie e garantirle una buona distribuzione sul territorio, il bosco deve estendersi in modo che sia possibile il passaggio tra una valle e l’altra restando sempre in connessione ecologica.
Le abitudini di questo felino sono spiccatamente notturne: durante il giorno si riposa nella tana o in siti di vegetazione densa. Inizia a muoversi verso il crepuscolo e rimane in caccia e in perlustrazione fino al cuor della notte, per poi riposarsi in un luogo protetto e riprendere l’attività fino alle prime luci del mattino.
Gode di udito e olfatto estremamente sviluppati, oltre che di un’eccellente vista notturna; un altro organo di senso è rappresentato dalle vibrisse, peli erettili dalle capacità tattili e sensitive.
Alimentazione
Il gatto selvatico è un carnivoro obbligato e si nutre, cioè, soltanto di prede vive, cacciate al suolo, che vengono afferrate da dietro fulmineamente con l’aiuto degli artigli e uccise con un colpo alla nuca. Come la lince, non si nutre di bacche, frutta e altro cibo di origine vegetale perché non ha gli enzimi digestivi che gli consentono di digerirli. La dentatura è specializzata per il morso, l’attacco e la lacerazione di muscoli e tendini. Poiché consuma soltanto alimenti privi di scorie, presenta l’apparato digerente più breve e più semplice tra tutti i carnivori. Non manifesta abitudini alimentari opportuniste, come l’opportunismo o la necrofagia, e, quindi, non si nutre sui resti di altri animali. Le prede preferite sono rappresentate dai Microtidi (arvicole) e dai Muridi (ratti, topi). Queste specie si trovano di preferenza nei boschi di latifoglie, le faggete e nelle foreste miste con castagni e altre essenze vegetali che formano cavità, buchi, tronchi morti. Si nutre inoltre di uccelli e nidiacei e, più occasionalmente, di anfibi. Le prede più grandi che può catturare sono della dimensione di una lepre.
Riproduzione
Nel periodo dell’accoppiamento, che va da metà gennaio a metà maggio, i gatti selvatici emettono forti miagolii e grida come i cugini domestici. Solo in seguito al corteggiamento, la femmina accetta il maschio sul proprio territorio; le coppie formate, comunque, non sono stabili e il gatto selvatico si accoppia una sola volta all’anno. I piccoli, in media da 2 a 6, sono ciechi e inetti e nascono intorno a maggio in una tana ben nascosta, spesso abbandonata da un tasso o da una volpe, in un tronco cavo o sotto le radici, dove la mamma sistema un’imbottitura di erba o di piume. A 4-5 settimane, i gattini abbandonano temporaneamente la tana e si esercitano giocando ad accompagnare la madre nelle battute di caccia. Dopo 4-6 mesi i giovani sono indipendenti dalla madre. Questo primo periodo di vita autonoma è anche il più difficile per i giovani selvatici: solo il 10% dei nati raggiunge il secondo anno di età.
Comportamento
Il gatto selvatico è, insieme alla lince, il rappresentante italiano della famiglia dei Felidi. È un animale solitario e territoriale: il maschio e la femmina vivono isolati e si contattano soltanto al momento della riproduzione, quando il maschio “chiama” la femmina con miagolii aspri e ripetuti. L’unico momento di vita sociale è rappresentato proprio dall’allevamento dei piccoli che viene svolto soltanto dalla femmina. Il gatto selvatico è, come tutti i Carnivori, territoriale e necessita quindi di un territorio boscato vasto, esteso per almeno 100 km2; nell’areale del maschio si individuano gli areali più ristretti di un paio di femmine. Questo predatore è caratterizzato da un’altissima vagilità, che interessa soprattutto i maschi, il cui territorio viene controllato continuamente e marcato con l’urina e gli escrementi. Quando graffiano i tronchi degli alberi, i gatti selvatici non si affilano solo le unghie ma rilasciano anche una secrezione proveniente da ghiandole poste sui polpastrelli. Anche sulla coda e intorno all’ano sono presenti delle ghiandole, le cui secrezioni odorose vengono strofinate su rami, pietre e simili per segnalare la propria presenza.
Rapporti con l’uomo
Fino a 150 anni fa il gatto selvatico era comunemente diffuso nei boschi dell’Europa centrale. Nei decenni successivi, è stato sterminato quasi completamente dai cacciatori che lo consideravano un predatore dannoso. L’articolo 4 del Testo Unico sulla Caccia n.1016 del 5 giugno 1939 indicava, infatti, in un lungo elenco di animali ritenuti nocivi, anche il gatto selvatico (oltre al gatto domestico vagante a 300 m dalle abitazioni). Gli articoli 25 e 26 ne consentivano la cattura e l’uccisione anche in periodo di caccia vietata e si potevano utilizzare mezzi altrimenti proibiti come i lacci, le trappole, le tagliole e i bocconi avvelenati.
Grazie al consolidarsi delle conoscenze, che hanno permesso di rivalutare il ruolo importante che i Carnivori rivestono negli equilibri delle popolazioni selvatiche, l’allora Ministero dell’Agricoltura e Foreste (Decreto Ministeriale del 4 maggio 1971) ha disposto nei primi anni ’70 del Novecento l’esclusione del gatto selvatico dall’elenco degli animali. Questo fatto poneva fortunatamente fine al lungo periodo di campagne di abbattimento condotte dalle Amministrazioni provinciali della caccia, ma non conferiva ancora alla specie una protezione totale in quanto ne era consentito l’abbattimento durante la stagione venatoria. La Legge n. 968 del 27 dicembre 1977 sulla fauna selvatica e le attività venatorie ha poi escluso completamente l’animale dall’elenco delle specie cacciabili, senza però precisarne rigidamente la tutela. Occorre attendere fino al 1992 affinché la nuova disciplina sulla fauna omeoterma e il prelievo venatorio introduca specificamente all’art. 2 la specie gatto selvatico tra le “specie oggetto di tutela” di cui è vietato l’abbattimento in modo assoluto e ribadisca all’articolo 21/u il divieto di utilizzare esche o bocconi avvelenati e all’art.30 l’applicazione di sanzioni penali per il contravventore.
Un’altra minaccia a questa specie è rappresentata dall’ibridazione: poiché spesso i gatti selvatici si accoppiano con i gatti domestici inselvatichiti, nell’Europa centrale sono molto diminuiti gli individui di razza pura. I nostri gatti domestici probabilmente non discendono da questa specie, ma dal gatto selvatico fulvo d’Egitto.